Il vino col fondo
Sui lieviti
Il vino col fondo (chiamato anche vino sui lieviti, sur lie) è quello rifermentato in bottiglia, sui propri lieviti, secondo il metodo tradizionale. Si tratta del modo storico (qualcuno preferisce definirlo ancestrale) utilizzato in tutta la zona d’origine del Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG e non solo, per conservare valorizzandolo il vino migliore della produzione di una certa annata. Quel vino che si intendeva mettere da parte per le occasioni buone, e da consumare anche l’anno dopo e oltre.
Metodo ancestrale
Con il metodo ancestrale di vinificazione, dopo la pressatura soffice delle uve, per poterne estrarre i lieviti indigeni, la prima fermentazione che dura 3-5 gg avviene oggigiorno in vasche di acciaio inox a temperatura controllata. La temperatura viene in seguito abbassata per rallentare la fermentazione fino a bloccarla. In questa fase il contenuto di zuccheri residui deve essere sufficiente a garantire l’avvio della seconda fermentazione dopo l’imbottigliamento. La tradizione richiedeva che per imbottigliare si attendasse il primo plenilunio di primavera, tra Marzo o Aprile e che le temperature esterne salissero; questo per far sì che i lieviti indigeni presenti potessero far partire la fermentazione di tutti gli zuccheri residui. In realtà con le cantine modernamente organizzate, si dispone il controllo della temperatura in modo da far partire la rifermentazione, quando ritenuto più opportuno.
Rifermentazione in bottiglia
Quando inizia la seconda fermentazione il vino col fondo viene imbottigliato e mantenuto ad una temperatura di 12-14° C finchè tutti gli zuccheri sono evoluti in alcol e anidride carbonica, rendendo il vino spumante. Nella tradizione del territorio tra Conegliano, Valdobbiadene fino ad Asolo, si imbottigliava tutto nella settimana dopo Pasqua.
La seconda fermentazione del vino col fondo si completa quindi in bottiglia “sui lieviti” del vino e si tratta del metodo più naturale di produrre Prosecco spumante. E’ nella sostanza la stessa tecnica usata per lo Champagne, a prescindere dalle uve utilizzate. La principale differenza tra i due è che, nel caso del vino col fondo, non viene praticata l’operazione del “degorgement” per rimuovere dalla bottiglia i lieviti rimasti.
Per gustare un vino sui lieviti, evitando di intorbidirlo, ci sono due modi: o rimuovere i fondi versando lentamente il vino in una caraffa di vetro o cristallo, oppure lasciare i fondi nella bottiglia versando il vino, lentamente, in tutti i calici.
La degustazione
Resta, per chi lo preferisce, la possibilità di bere tutto come viene, al naturale, anche se in qualche bicchiere il vino si presenterà per forza di cose un pò torbido. Se i lieviti sono quelli giusti, quelli selezionati dall’uva stessa vinificata, e se le condizioni di fermentazione sono state ottimali, risulterà comunque un’ esperienza positiva bere il vino con un pò di fondo. Ancora più positiva se in compagnia di pane fatto in casa, tiepido, farcito con della buona soppressa stagionata. O anche del mitico spiedo d’Alta Marca.
Alcune interpretazioni
Nella gamma dei vini 77vintidó, figurano alcune interpretazioni di vino col fondo di grande qualità e tipicità. Esempi pluripremiati sono il Tèrmen di Romolo Follador, il Gino di Rive del Bacio, il Gijeto di Luigi Casali, il Native biologico di La Fuìta.
Molto particolare la versione di vino bianco storico, frizzante col fondo PerEra, prodotto da Col Miotin a Solighetto, da viti molto vecchie (+ di 50 anni) di Perera, Bianchetta, Verdiso e Glera. Si tratta dell’uvaggio della tradizione usato sulle colline di Conegliano e Valdobbiadene.